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Dimenticare l’Anderlecht

Dimenticare l'Anderlecht

Ph. bolognafc.it

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Per chi ha più di settant’anni ed ha tifato Bologna per tutta la vita, la parola Champions League fa correre il pensiero a quando si chiamava ancora Coppa dei Campioni, e si presenta con un fastidioso nominativo che suona così: Royal Sporting Club Anderlecht.
Successe che l’occhio geniale di Romano Fogli e le soavi geometrie di Fulvio Bernardini vennero uccellate da un movimentino che metteva in fuori gioco l’attaccante lanciato a rete. Era la prima volta che si doveva prendere in considerazione questo tipo di gioco con quattro difensori in linea portato sistematicamente, e da una squadra tutto sommato di dopolavoristi. A parte il più dotato Van Himst, c’era un centrocampista con la pancetta che nella vita normale faceva l’impiegato comunale e un’ala di nome Stockman che si diceva a volte giocasse indossando gli occhiali da sole. A casa loro a Bruxelles, ancora svagati noi per i bagordi dello scudetto (vizio da provinciali!) ci eravamo beccati un gol. Eppure qui a Bologna, in quello che era ancora il Comunale, eravamo riusciti a metterli sotto in forza di una caratura superiore: non cinici abbastanza però da congelare il gioco, per cui quel bel tipo di Stockman, quello degli occhiali da sole, ci fece gol costringendoci alla bella in campo neutro.
Dopo fu la monetina.
Zero via zero contò, sette anni dopo, prendersi in UEFA una platonica rivincita andando a batterli in casa loro con Savoldi che, presa la palla nella nostra area, percorse tutto il campo da solo andando a segnare dall’altra parte.
Da quel momento, se vogliamo, partì la storia di ognuno di noi. I nostri amori personali. I nostri umani dolori. Gli eventi collettivi cui abbiamo assistito e partecipato. Il Sessantotto, gli anni di piombo, le disillusioni, lo stravolgimento del mondo, le idiozie, le rivoluzioni tecniche, il riaffacciarsi della guerra. E a volte, in qualche incubo notturno, quella monetina tornava a tormentare, come il rimorso di Lord Jim.
Oggi i nostri giovani sono freschi ed immemori. Giustamente sognano gloria.
Ma anch’io che credo nella Storia, dispensatrice di traumi ma creatrice di tradizione, scacciando il pensiero molesto di quella monetina dico che noi non siamo calcisticamente dei parvenu in Europa. Noi la Champions l’abbiamo già vinta tre volte, quando ancora si chiamava Mitropa ed era un torneo tra quelli che il calcio lo giocavano meglio di tutti!

Bombo

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