A chi si ostinasse a negare l’importanza della Storia, ora gli racconto di come Gino Cappello, per sua stessa testimonianza diretta, replicò senza saperlo (così come si addice alle forze della natura) la famosa battaglia di Cunassa del settembre 401 a.C., e di come questo si verificò allo stadio Comunale di Firenze il 18 maggio 1952.
Premettiamo, come molti ricorderanno dalla scuola, che Ciro il Giovane, figlio minore del persiano Dario II, volendo far fuori il fratello maggiore Arsace che aveva assunto il trono col nome di Artaserse II, reclutò come rinforzo del suo esercito i diecimila opliti della falange guidati da Clearco e Senofonte. Lo scontro decisivo si tenne a Cunassa, un posto che oggi pare trovarsi alla periferia di Baghdad. Assicura Senofonte, ‘capo cronista al seguito’, che il re Artaserse avesse un milione di soldati, eppure Ciro il Giovane, che voleva una grande vittoria tutta per sé, relegò il nerbo della sua forza, i diecimila opliti greco spartani… all’ALA DESTRA dello schieramento. I diecimila se la cavarono con poco, ma per Ciro fu un disastro. E voi cominciate a capire dove sto per arrivare.
Nel 1952 si tenne a Firenze l’amichevole Italia-Inghilterra. Quattro anni prima a Milano, Nazionale col blocco del Grande Torino, avevamo beccato 0-4. Bisognava quindi ottenere la rivincita a tutti i costi. Per questo il c.t. nonché grande imprenditore della fucileria, Piercarlo Beretta, convocò ben cinque centravanti, i migliori in circolazione, tra cui il vecchio Piola e appunto Gino Cappello. Poi, nella distribuzione delle posizioni, a Cappello toccò il posto di… ALA DESTRA.
«Me méte ala destra, ‘sto môna…».
A quel tempo, per un grande attaccante, giocare all’ala destra era una specie di declassamento. All’ala destra giocavano i più brocchi o stanziavano gli azzoppati. Gino si indispettì.
I fiorentini si ricordavano della partita con l’Austria, proprio a Firenze, di tre anni prima, subito dopo Superga, e di come Cappello avesse fatto sfracelli, realizzando anche il primo gol. Avevano quindi grandi aspettative su di lui. E a vedere lo stesso giocatore che rinunciava alla partita, camminava per il campo e piuttosto si fermava a guardare gli aeroplani che passavano per aria, cominciarono a urlargliene di tutti i colori. Ma non servì. E naturalmente la rivincita con l’Inghilterra non ci fu. Giuro che, non più di una decina di anni fa, ebbi occasione di ascoltare un anziano spettatore di allora, che ancora dalla rabbia smoccolava in fiorentino.
Ma Gino era così. «Eh sior Renato – mi diceva –, quando uno è un artista…».
Bombo
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