Nella notte tra sabato 19 ottobre e domenica 20 il canale di Reno esonda, episodio minore tra i disastri ma inedito nella storia perché il canale di Reno è ottimamente regolato a monte dalla diga di Casalecchio. Tutta l’area sotto pendenza, vale a dire Lame verso porta, Brugnoli, Riva di Reno sinistra e San Felice bassa viene invasa dal fango, primi piani e soprattutto cantine e magazzini. Le cantine di sinistra Reno sono su due piani sottoterra.
Che cosa è successo? Si dà il caso che lo sgrigliatore che sta di fronte al PAM, il quale ha il compito di liberare appunto da eventuali corpi solidi, rottami ecc. la corrente del canale, fosse fermo e non monitorato dagli organi di sorveglianza, di cui ignoro la titolarità. Nel contempo, a monte, il povero Ravone, per la seconda volta in piena in diciotto mesi e che attraversa via Sabotino con un ponte-canale, scolma in Reno attraverso un’apposita ‘finestra’ una parte dell’eccedenza acquifera. E stante il blocco del detto sgrigliatore che fa da tappo, l’acqua fuoriesce da quei trenta metri di canale scoperchiato.
Come sanno tutti quelli che mi conoscono, il sottoscritto era stato uno strenuo quanto snobbato sostenitore dello scoperchiamento di tutto il Canale, dalla Grada a Marconi. Ora è chiaro che l’indignazione dei residenti è sacrosanta, mentre il sindaco dichiarerà che l’apertura del canale è stata una fortuna altrimenti avremmo assistito al prodursi di danni più gravi altrove. Vedremo che, tecnicamente, l’osservazione del sindaco è corretta, l’unico termine fuori posto è la parola ‘fortuna‘, quando in realtà l’unica fortuna è stata che a nessuno sia venuto in mente di andare a recuperare qualcosa sei metri sottoterra.
La ragione del perché l’esondazione del canale non c’entra nulla con l’apertura dello stesso, si rintraccia in un episodio che io ricordo a mie spese molto bene, e che adesso vi racconto in modo divertente.
Io vengo dal ‘Tecnico’ e un bel giorno il prof. di Fisica (che allora si chiamava ancora ‘professore’) mi chiama alla lavagna e mi intima a bruciapelo:
«Principio di Bernoulli!».
Io non ne so niente perché durante la lezione tenevo aperto sotto il banco un libro che si intitolava Il placido Don, proprio alle pagine dove il protagonista Grigorij Melechov sta per farsi fare da Aksin’ja Astachova. Vi ricordate come erano fatti i banchi di una volta? Per cui, alla domanda, io cerco di raffazzonare una risposta fantasiosa e dopo poco il prof. che è una persona paludata d’altri tempi e dà del lei agli scolari mi fa:
«Lei mi ricorda Biavati, quello che vendeva le lamette in piazza».
Il bello è che Biavati lo avevo conosciuto anch’io quando era fresco ‘centraiolo’ e andavo in piazza proprio per ascoltare le sue improbabili dimostrazioni. Scottato dallo smacco prendo allora gli appunti del mio compagno di banco nonché il libro di testo e mi vado a studiare le formule di questo Bernoulli, che è un famoso idraulico svizzero del Settecento (mica un fontaniere). E le formule di Bernoulli hanno le loro complicazioni, con elevazioni a potenza e frazioni, ma in soldoni apprendo, con ineluttabilità matematica, che quando hai un fluido che scorre in un tubo, la pressione dello stesso è in relazione inversa alla sua velocità. Vale a dire che, se hai fermato il flusso dell’acqua nel canale di Reno tappato, questo andrà pure a scoppiare da qualche parte. Apprendo anche che questo principio è lo stesso che fa volare gli aeroplani e bolinare controvento le barche a vela.
Diciamo subito che i residenti danneggiati dall’esondazione, essendo istituzionalmente introvabile un responsabile, andrebbero tosto risarciti dal Comune. Ma, a prescindere da questa ovvietà, mi resta un fondamentale rammarico: che tra due o trecento anni, quando gli uomini avranno forse superato l’uso delle automobili o magari azzerato la necessità dei parcheggi, qualora si proponesse di riaprire, dopo un millennio e mezzo, il glorioso e suggestivo canale di Reno, qualcuno che non avesse studiato Bernoulli sotto il pungolo del mio prof. di Fisica si opporrebbe preso dal panico: «Non sarà micca che adesso si allaga tutto il quartiere?».
Bombo
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