23/08/2025
Renato Trestini
Storie di Bombo

La banda dei demolitori di sogni

Tempo di Lettura: 3 minuti

Non c’è itinerario, lungo le strade della tua città, per cui ogni curva non ti rammenti che lì, proprio lì, si animò un giorno un evento foriero per te di gioia o di sventura.

Stavo percorrendo l’altro ieri Andrea Costa, come spesso mi capita e, superando l’incrocio dove stava l’Arco Guidi, subito sovrappensiero rallentando, la fantasia è volata. È che mi stavo appressando al Dall’Ara, mentre ricordi sfumati prendevano vita. Figure che balzavano fuori. Passioni affluenti. Visioni di futuro.

A quel tempo ero diventato amico di un personaggio molto importante, nientemeno che il figlio del capo dei raccattapalle, e quasi tutti i pomeriggi avevo accesso ad ogni anfratto dell’Antistadio per assistere agli allenamenti dei miei beniamini.

Fulvio Bernardini li faceva correre: «Uno va, uno viene!», comandava nei movimenti di campo.

Poi la truppa si disuniva. A Johnny Capra piaceva scherzare: «Lei, Capra, non faccia il testa-di-cazzo!».

I ragazzi si producevano a volte in prove atletiche. Giocavano a sollevarsi l’un l’altro con le braccia rigide lungo i fianchi a pugni chiusi. Harald Nielsen aveva una forza erculea e col sorriso sulle labbra sollevava agilmente Paride Tumburus, che non pesava poco. Stavano di fronte come due soldati di pietra che si guardano negli occhi, forse una metafora dell’amicizia.

«Oh… Tazio!», salutava con tenerezza l’addetto agli spogliatoi il ritardatario Roversi, astro nascente spesso imbronciato.

In porta l’aitante Cimpiel, prima che arrivasse il Negri dello scudetto, capitombolava per terra in tutta la sua lunghezza e tosto si rialzava e rituffava, tormentato di sopra, di sotto, di sghembo e a palombella con subdoli palloni da Cesarino Cervellati, che fungeva da allenatore dei portieri.

«Sei morto… vai a farti una doccia», lo congedava Cesarino comprensivo.

Helmut Haller, reduce da nottate allo Chalet delle Rose, si diceva con abbondanti libagioni di birra, caracollava svogliato con veroniche e colpi di tacco a centrocampo. Alla fine usciva quasi appoggiato ai compagni: «Io stanco… io stanco…».

E poi c’era il tunnel, il passaggio che sotto Andrea Costa portava allo stadio. Lo ricordo come un posto lungo e buio e all’uscita il sole era accecante. Quante fans ci portavano dentro i giocatori… E ce ne rimaneva anche per gli altri. Una volta anche il mio amico Bertino, che era uno belloccio, fu trascinato dentro da una ragazzina giovanissima, forse anche troppo.

Li sorprese il guardiano Baldazzi, che gli disse: «Cosa ci fai tu qui?».

«Porto a casa mia cugina», farfugliò il reprobo.

Poi, mentre calava la sera, che dovevo far ritorno in corriera alla mia Pianura triste, allora come ora in alto s’abbrunava il profilo di San Luca.

Sennonché l’altro ieri, passando di fianco all’Antistadio, ho avuto una sorpresa: la biglietteria non c’era più.

Vero è che la struttura era inutilizzata da tempo. Facente parte del complesso del vecchio Antistadio realizzato nel 1934, qualche anno dopo la costruzione del Littoriale, era stata testimone di almeno settant’anni di storia rossoblù e metteva in vendita anche i biglietti delle partite del Bologna scudettato di Bernardini.

Ci si metteva in fila davanti alle nicchie con inferriate antifurto e si aspettava con pazienza il proprio turno, salvo poi attraversare via Andrea Costa di fronte all’omonima curva, ribattezzata Giacomo Bulgarelli nel 2012, dopo la scomparsa della nostra bandiera, e affrontare un’altra fila, quella per entrare in curva.

Dopo la bocciofila, venuta giù qualche mese fa in una nuvola di polvere, ora è toccato alla vecchia biglietteria, pezzi del Dall’Ara che ci hanno accompagnati per una vita. E allora addio botteghini, sopravvive la baracchina di Umberto, anche se orfana del suo titolare, testimone silente di generazioni di bolognesi in fila per un biglietto, nonché delle turbolenze tra opposte tifoserie.

Questi smarty-eredi del piccone risanatore, questi decisori in braghe corte che hanno la protervia degli autocrati e l’occhio ubiquo dei palazzinari, che sono fatti della sostanza dei ladri di polli, come ladri notturni hanno perpetrato l’ennesimo furto di sogni, l’ennesima piccola violenza sui ricordi e l’identità di una generazione.

Bombo

© Riproduzione Riservata

Foto: Francesca Robotti

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