L’insostenibile pesantezza dell’educazione
Ho una nipotina che pratica lo sport della vela. Sembra che sia bravina e che l’abbiano presa nelle selezioni della sua categoria. Parendomi, in occasione di una regata trasmessa per le Olimpiadi, che fosse arrivato il mio momento di conferirle un supplemento di conoscenza sulla materia, di cui a livello tecnico non so nulla, attaccai con la bambina un pistolotto del tipo seguente, proponendomi di essere leggero e di non andare in cerca di guai.
«Il più bravo velista che abbiamo avuto nel nostro Paese si chiamava Agostino Straulino. Era nato nell’isoletta di Lussinpiccolo e tutte le mattine andava a scuola con la sua barchetta. Quando fu più grande, era diventato talmente bravo a navigare che poteva misurarsi sulle onde dell’Adriatico coi migliori marinai. Però era scoppiata la guerra e, proprio perché lui era il più bravo, venne mandato ad affondare le navi inglesi, siccome in quel momento gli inglesi erano nostri nemici. Per questo, benché fosse un ragazzo buono, dovette mettere di nascosto una bombetta sotto lo scafo di una nave inglese, che infatti si adagiò sul basso fondale di un porto chiamato Gibilterra».
Della prima parte dell’insegnamento, la bambina fu attratta dal nome di Straulino, che suonava buffo come fosse il nome di un pupazzo o di un cartone animato. E anche dal nome dell’isola di Lussinpiccolo (di cui tralasciai l’attuale appartenenza al territorio della Croazia, poiché troppo complicato), e dal fatto che il bambino andasse a scuola da solo con la sua barchetta, così come lei prendeva il pulmino o si faceva accompagnare in macchina. Intanto io continuavo il mio racconto…
«Ma poi la guerra finì, e le Olimpiadi si tennero proprio in Inghilterra. Gli inglesi però erano molto arrabbiati con Straulino, e gli dissero: «Te, Straulino, non ti sognare di vincere questa gara, perché ci hai mandato una nave in scuffia, ma soprattutto perché hai perso la guerra». E infatti lo coprirono di penalità inventate e non gliela lasciarono vincere. Per fortuna che, in seguito, si tennero delle altre Olimpiadi e si fecero tanti campionati, e Straulino ne vinse…». Qui evitai in extremis la prima scivolata. Stavo per dire che ne vinse un casino, ma sterzai in tempo e dissi: «Ne vinse moltissime». Poi conclusi raccontando di come Straulino diventò il capitano del più bel veliero del mondo, che si chiamava e ancora si chiama Amerigo Vespucci, di come fu poi nominato ammiraglio, e che l’ammiraglio era colui che comandava tutte le navi.
Fu qui che non seppi evitare il secondo scivolone. Anche perché, bisogna ammetterlo, si trattava di un fatto tecnico: «Straulino insegnava – le spiegai – che la barca bisogna governarla col culo».
In sala con me e la nipotina c’erano anche babbo e mamma, cioè mio figlio e mia nuora. La mamma era concentratissima al computer che svolgeva qualche mansione di administration per la sua azienda, mentre il babbo ‘si rilassava’ mettendo in fila i diagrammi dell’attuale pandemia. Eppure alzarono all’improvviso la testa e mi rimproverarono all’unisono col dito e una severa esortazione: «Col sedere! Col sedere!».
Allora mi resi conto di aver sbagliato anche questa, e che neanche l’educazione dei piccoli faceva per me…
Bombo
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