Vita sfortunata, quella di Sergei Bortkiewicz. Ucraino di nascita, benestante, vive di musica e di concerti in Germania. Ma allo scoppio della Prima guerra mondiale viene espulso in quanto russo, dunque ‘nemico’. In Russia si vede espropriare tutto dopo la Rivoluzione del 1917. Ripara in Serbia, in Turchia, in Austria. Ricomincia a vivere. Conosce Paul Wittgenstein, il fratello del filosofo Ludwig, quello che ha perso il braccio destro in guerra. È lui che gli commissiona un concerto per pianoforte dove si può usare solo la mano sinistra. Crea un capolavoro in cui a stento si può riconoscere l’uso di sole cinque dita. Sembrano quindici, venti, infinite. In Austria arrivano però i nazisti. E Sergei vive di stenti, perseguitato dalla fame, dalla povertà assoluta. Sopravvive in una stanza gelida per tutti i cinque anni della guerra. Muore nel 1952, appena in tempo per essere riconosciuto come un genio del pianoforte. Questo concerto, denso di melodie e di rimpianti, appartiene al 1924, l’anno della vigilia del primo scudetto del Bologna targato Hermann Felsner, viennese come viennese – adottivo – era Bortkiewicz.
Luca Baccolini
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Foto: Guarnieri