Negli anni Venti il calcio si fa concreto. Si gioca per vincere, per dominare, per affermare una supremazia. Il Bologna ha da pochi anni acquisito questa mentalità, grazie al dettato di Hermann Felsner, che nel 1927 si vede soffiare uno scudetto pienamente meritato: revocato al Torino per l’illecito del caso Allemandi, il titolo non verrà assegnato a nessun altro, come il regolamento avrebbe invece imposto. C’è la ‘mano’ di Leandro Arpinati, plenipotenziario del calcio italiano, che teme un conflitto d’interessi sportivo in un momento di rapida ascesa politica.
Concretezza, si diceva. Eccola, in tutta la sua brutale dirompenza, nel breve poema sinfonico partorito dal russo Alexander Mosolov proprio nel 1927: il suo Iron Foundry (Fonderia d’acciaio) è un inno al lavoro sovietico, alle fabbriche, agli operai. L’orchestra ribolle. Sembra che gli schizzi incandescenti e gli spietati ingranaggi ci possano invadere da un momento all’altro.
Luca Baccolini
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