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B come Brasile

B come Brasile

Ph. netlusa.com.br

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Era la metà degli anni Settanta e il calcio italiano era costellato di pareggi senza reti e partite poco spettacolari. L’album di figurine Calciatori della Panini aveva fatto breccia nel cuore di un ragazzino, facendolo innamorare di un Bologna che malgrado un passato scintillante latitava tra il settimo e il nono posto, guidato da un certo Bruno Pesaola, napoletano-argentino detto ‘il Petisso’.
Come tutti i giovanissimi, anche lui aveva un idolo che lo faceva sognare, e che nella stagione 1975/76 esordì in Prima Squadra segnando subito un gol. Quel giovane talento era nativo di Bentivoglio e si chiamava Stefano Chiodi.
Dopo un po’ di tempo iniziò a catturare la sua attenzione il calcio inglese, anche grazie ad una serie di trasmissioni che cominciavano a divulgare quel football contraddistinto da ritmo incessante, super gol dalla lunga distanza e maglie dai colori inusuali per chi era abituato al campionato italiano. Le sue squadre preferite erano Liverpool, Aston Villa e Nottingham Forest, quelle che peraltro vincevano spesso le coppe europee. Ma arriviamo al momento più passionale.
Alcune televisioni private trasmettevano le gare del campionato brasiliano e il telecronista, Mario Mattioli, le commentava urlando alla maniera locale il famoso «gooooooooool!». L’atmosfera di quelle partite, ancora in bianco e nero, era una novità molto eccitante per il nostro protagonista, che cominciò ad impazzire per il futebol do Brasil.
Agli albori degli Ottanta il BFC allenato da Gigi Radice, vista la novità di poter importare nella nostra Serie A un giocatore straniero, si mise sulle tracce di un centravanti che giocava nel San Paolo. Si trattava di quel Serginho che nel 1982 sarebbe stato la punta titolare della Seleçao ai Mondiali di Spagna.
Ricordo che Radice andò di persona in Brasile a visionarlo, ma quando venne ufficializzato l’acquisto di un brasiliano da parte del club rossoblù spuntò… un trequartista della Portuguesa, tale Eneas de Camargo. Poco male, al giovane tifoso in questione andava bene lo stesso, perché in curva Andrea Costa sventolava finalmente anche una bandiera gialloverde, come simbolo di amore del magnifico popolo bolognese.

Roberto Porrelli

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