D come Dall’Ara
Renato Dall’Ara.
Dico solo che mai un uomo ha dato di più ad una squadra.
Morto d’infarto alla vigilia di uno spareggio atteso da una vita intera.
Ho dedicato a lui, in modo un po’ originale, alcune righe del mio libro L’estate che non ho vissuto.
In quel libro, che purtroppo non sono mai riuscito a pubblicare, immagino di andare al mare in Riviera all’epoca, vantandomi di essere tifoso del Bologna: il Bologna campione d’Italia 1963-1964.
Essendo nato nel 1965, descrivo con la fantasia il giorno del settimo scudetto…
«L’alba di quel giorno d’inizio estate era appena cominciata. Forse alcuni si ricordano di quel momento. Forse non tutti si ricordano che i primi albori si chiamano ‘aurora’.
Qualche piccione svolazzava sui tetti delle case abbandonate lungo il Navile, alla Beverara. Qualche passerotto scandiva con il suo verso quel mattino. L’acqua del Navile scorreva sotto il ponticello della chiusa del Battiferro.
Se guardi il cielo, l’alba è sempre simile: oggi, come nei secoli scorsi, e come nell’estate del 1964. 7 giugno, per la precisione. Percorrendo l’incrocio tra via Beverara e via Gagarin, il vecchio salice piangente è ancora lì, bello, con un’infinità di rami che ricordano un fuoco artificiale di Ferragosto.
Il rumore di un treno in lontananza copriva quello delle biciclette. Un uomo portava a spasso il cane, il guinzaglio in pelle marrone consumata. L’aria, leggermente frizzante, si preparava a diventare calda, caldissima. Anche se giugno, appunto, era estate piena.
Non potevi guardare la città, quel giorno, senza pensare che quell’uomo, bolognese di adozione e anche di spirito e di cuore, era morto.
Nel ritiro rossoblù di Fregene qualcuno piangeva. Era una delle fortissime emozioni che metteva a dura prova un gruppo di ragazzi forti, tosti e ricchi di umanità. Il loro allenatore, Fulvio Bernardini, era oltretutto romano, e dovendo giocare all’Olimpico uno spareggio scudetto doveva vivere quei momenti in modo unico…
L’Inter, temibile avversaria di quella storica sfida, non entrò mai in partita. Una punizione di Romano Fogli e il raddoppio in diagonale del nostro danese Harald Nielsen affondarono i nerazzurri e ci portarono in Paradiso.
La camicia di ‘Fuffo’ risplendeva anche nelle immagini in bianco e nero, mentre i suoi giocatori lo portavano in trionfo».
Io nel 1964 non c’ero ancora, quindi non ho mai vinto uno scudetto con la mia squadra del cuore, nella mia città.
Mi rimane nel cuore quel presidente, che non riuscì a gioire, dopo una vita dedicata al Bologna.
Roberto Porrelli
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