Storia

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La nascita del Bologna

Il Bologna Foot Ball Club nasce ufficialmente domenica 3 ottobre 1909 presso la birreria Ronzani in via Spaderie, in qualità di sezione «per le esercitazioni di sport in campo aperto» del Circolo Turistico Bolognese, come riferito puntualmente dal Resto del Carlino il giorno successivo. Viene eletto presidente Louis Rauch, un odontoiatra svizzero, ma l'iniziativa era stata di un giovane di origine boema arrivato a Bologna un anno prima: Emilio Arnstein, che appena giunto in città aveva cercato subito giovani che avessero la sua stessa grande passione per il calcio; informato che nella piazza d'armi ai Prati di Caprara giocavano dei giovanotti, per lo più studenti, che dagli abitanti della zona erano detti «quei matti che corrono dietro a una palla», si era recato sul posto per incontrarli; erano i fratelli Gradi, Martelli, Puntoni, Nanni, lo stesso Rauch e gli studenti del Collegio di Spagna, Rivas e Antonio Bernabeu, fratello di Santiago (il presidente del mitico Real Madrid). Arrigo Gradi, che del Bologna fu il primo capitano, andava agli allenamenti con la maglia a quarti rosso e blu del collegio svizzero Schoenberg di Rossbach nel quale aveva studiato, e presto questi colori divennero quelli della divisa sociale.

Nell'inverno del 1910 il Bologna Football Club si era reso autonomo uscendo dal Circolo Turistico, le maglie erano state modificate con strisce verticali, ma avevano mantenuto i colori originali. Nell'assemblea era stato eletto presidente il prof. Borghesani, vice Emilio Arnstein e Rauch trainer, come era chiamato allora l'allenatore. Dopo la netta vittoria nel Campionato Emiliano in due partite giocate nello stesso pomeriggio contro la Sempre Avanti (10-0) e la Virtus (9-1), venne organizzata nel maggio del 1910 un'importante amichevole con l'Inter campione d'Italia che i milanesi vinsero solo nel finale per 1-0 davanti a un pubblico entusiasta e numeroso; la bella figura fatta diede al BFC il diritto di iscriversi per la prima volta a un campionato nazionale: 1910/11. L'avventura iniziò con alcuni piazzamenti nei gironi regionali, nel frattempo il Bologna trasferì il suo campo di gioco prima alla Cesoia il 26 febbraio 1911, poi allo Sterlino, inaugurato il 30 novembre 1913 con l'incontro Bologna-Brescia terminato 1-1. I fratelli Emilio e Angelo Badini divennero i giocatori simbolo di quell'epoca, Emilio fu il primo bolognese a indossare la maglia della Nazionale italiana e Angelo fu per anni una sorta di capitano-allenatore e a lui fu poi dedicato il campo dello Sterlino. La guerra interruppe l'attività, poi alla ripresa si ripartì con rinnovato slancio e in poco tempo il Bologna entrò nella ristretta cerchia delle squadre che contano: fu decisivo l'ingaggio dell'allenatore danubiano Hermann Felsner, che diede un impulso determinante a livello nazionale alle ambizioni del Bologna.

Il primo scudetto

Dopo una finale scudetto persa nel Campionato 1920/21 con la Pro Vercelli, Angelo Schiavio esordì nel 1922 (diventerà il più grande cannoniere nella storia del club) e nel 1924/25 arrivò il primo titolo italiano: l'avversario più impegnativo il Genoa, nella finale del girone Nord, capitolato solo al quinto incontro (2-0) disputato a Milano a porte chiuse per evitare il ripetersi di incidenti tra le tifoserie, piuttosto focose nelle partite precedenti. Il Bologna giocò per la prima volta con le maglie verdi con colletto filettato rossoblù, e il trionfo fu sancito dai gol di Pozzi e Perin. La finalissima con l'Alba Roma rimase solo una formalità: 4-0 a Bologna e 2-0 a Roma. Nel frattempo, visto l'entusiasmo sempre crescente dei bolognesi, per iniziativa del gerarca locale Arpinati, uomo molto in vista del regime, si costruì il nuovo stadio Littoriale per contenere le ormai migliaia di tifosi: il 29 maggio 1927 fu inaugurato con l'incontro della Nazionale italiana (2-0 alla Spagna del mitico Zamora), e il 6 giugno si disputò la prima partita in campionato, una bella vittoria contro i tradizionali avversari genoani: 1-0 con rete di Martelli.

Schiavio era già il giocatore simbolo del BFC e, dopo altri campionati persi per un nonnulla (come nel 1926 e nel 1927, scudetto revocato al Torino per illecito e non assegnato al secondo classificato, il Bologna, perché il presidente federale – nel frattempo era stato eletto proprio Arpinati – non volle dare adito a sospetti di favoritismo), la squadra ottenne il secondo tricolore nel 1929 dopo una finalissima a Roma (città che porterà bene anche nelle finali successive) contro il Torino: 1-0, gol di Muzzioli su passaggio di Schiavio, autore di un'azione irresistibile. Iniziava il mito del Bologna e dei suoi gioielli: oltre a Schiavio, il portiere Gianni detto 'Gatto magico' per le sue doti acrobatiche, Della Valle goleador implacabile, Perin abile centrocampista; nacque in quel periodo il celebre detto: «Il Bologna è uno squadrone che tremare il mondo fa», assolutamente foriero di buoni auspici vista l'imminente escalation anche fuori dai confini nazionali.

I magnifici anni Trenta

Il Bologna inaugurò l'era dei campionati a girone unico nel 1929/30 con lo scudetto sulla gloriosa maglia, mostrato in bella evidenza nel corso della prestigiosa tournée estiva in America Latina cui prese parte, e ingaggiando poi una serie di entusiasmanti duelli sportivi con la Juventus, la grande rivale del decennio in campo nazionale. Arrivarono nuovi giocatori dal Sudamerica (su tutti i mitici uruguaiani Fedullo e Sansone, poi Andreolo, più l'ala bustocca Reguzzoni, che diventerà una bandiera rossoblù con 14 stagioni disputate, e ancora due colonne come Monzeglio e Montesanto), e fu così che i rossoblù, ormai una vera potenza del nostro sport, posero le basi per cimentarsi orgogliosamente con i grandi maestri del calcio danubiano prima e inglese poi, dettando legge anche in ambito continentale. Nel 1932 il BFC portò a casa la prima Coppa dell'Europa Centrale, col maestro magiaro Gyula Lelovich subentrato a Felsner da pochi mesi, e nel 1934 ripeté impresa battendo in finale l'Admira Vienna. A livello societario, contemporaneamente a questa serie di trionfi, si concretizzò un determinante cambiamento: la nomina, prima a commissario straordinario e poi a Presidente, di Renato Dall'Ara, un industriale reggiano, personaggio scaltro e godereccio che otterrà grandissimi risultati nella sua straordinaria presidenza lunga ben trent'anni.

L'Italia intanto diventava campione del Mondo nel 1934 con un gol proprio di Schiavio in finale, mentre per il Bologna dal campionato 1935-36 in avanti continuò un periodo magico: ben 4 scudetti (1936, 1937, 1939, 1941) e un prestigioso Trofeo dell'Esposizione Internazionale vinto a Parigi il 6 giugno 1937 con un fantastico 4-1 sul Chelsea in finale: la rassegna ospitava i migliori club d'Europa, e mai una formazione britannica era caduta al cospetto di una squadra del continente. Nell'ottobre del 1938 ritornò Felsner, l'allenatore dei primi successi, perché le leggi razziali imposero all'ebreo Arpaid Weisz (che aveva firmato 3 scudetti) di lasciare l'Italia per seguire un tragico destino. Il nazionale Ceresoli prese il posto di Gianni in porta e nacque calcisticamente l'astro di Amedeo Biavati, l'inventore del cosiddetto 'doppio passo': una finta in corsa che sbilanciava l'avversario e gli permetteva di crossare con precisione per 'Testina d'oro' Puricelli (cannoniere dall'impressionante media realizzativa) o le chiusure a rete di Reguzzoni. Diventò campione del Mondo nel 1938 e raccolse il testimone lasciatogli dal'altro bolognese Schiavio, che si ritirava per dedicarsi alla propria attività imprenditoriale dopo essere stato il simbolo del Bologna per 18 anni e aver ottenuto un record ineguagliato: 242 gol, tutti rigorosamente in rossoblù.

Così si gioca solo in Paradiso

Con l'avvento di un nuovo conflitto mondiale finì un'epoca e il dopoguerra ricominciò ancora da Renato Dall'Ara, sempre al timone della società. Nel 1946/47 l'illusione di essere tornati grandi (7 partite senza subire gol con in porta prima Ferrari poi Vanz) venne dissipata dalla netta sconfitta contro il 'Grande Torino', e il quinto posto finale non fu da disprezzare. Furono gli anni di un cannoniere lunatico, estroso e irresistibile nelle giornate di vena: Gino Cappello, che in coppia col bolognese Cesarino Cervellati consolava con le sue giocate il pubblico bolognese dal susseguirsi di campionati mediocri. Il Bologna si piazzò sempre dietro le squadre dell'asse Milano-Torino e in un paio di occasioni frequentò pericolosamente le zone basse della classifica. L'acquisto di Gino Pivatelli, che diventò capocannoniere nel 1955/56 con ben 29 reti in 30 partite, e l'esplosione del giovane Ezio Pascutti fecero da contraltare negli anni seguenti a giocatori stranieri che tradirono le grandi aspettative riposte su di loro con un rendimento non all'altezza.

Ma agli inizi degli anni Sessanta, con l'arrivo di Fulvio Bernardini in panchina, si profilava all'orizzonte il ritorno in grande stile di un gruppo vincente: tassello dopo tassello, ai già affermati Pascutti e Pavinato si aggiunsero i giovani e cristallini talenti di Giacomo Bulgarelli e Romano Fogli, e 'il Dottore' (così veniva chiamato Bernardini, per la sua cultura e competenza), che all'inizio era in continua polemica col presidente per via del gioco (a parere di Dall'Ara bello ma poco redditizio), conquistò sul campo la città e i suoi tifosi con due stagioni all'insegna del bel calcio, al punto da esclamare, al termine di una partita vinta in modo perfetto per 7-1 sul Modena: «Così si gioca solo in Paradiso!». Era il campionato 1962/63 che fece registrare il record di Pascutti. a segno consecutivamente per le prime 10 giornate (12 gol). Con l'arrivo del fuoriclasse tedesco Helmut Haller e la definitiva consacrazione del giovane centravanti danese Harald Nielsen (soprannominato 'Dondolo'), si posero le basi dello storico trionfo dell’anno successivo.

Il problema del portiere fu risolto con l'acquisto del nazionale William Negri e nel 1963/64, dopo un inizio stentato, il BFC infilò una serie di vittorie che lo portarono al comando dopo il 2-1 di San Siro sul Milan. Via all'altalena di emozioni: pochi giorni dopo scoppiava il 'caso doping', con cinque giocatori (Pavinato, Fogli, Tumburus, Perani e Pascutti) trovati positivi ai consueti controlli. I ragazzi, l'allenatore e il medico vennero squalificati e il club penalizzato di tre punti. La reazione della città fu quella di chi sa di subire un'ingiustizia da parte dei potenti: scesero in campo le forze politiche e sociali e soprattutto la gente comune. Le controanalisi dimostrarono settimane dopo l'innocenza dei rossoblù e i 3 punti furono restituiti; il campionato, dopo un meraviglioso testa a testa, finì con Bologna e Inter (che aveva appena vinto la Coppa dei Campioni) appaiate al primo posto. Si rese necessario (fatto unico nella storia del calcio italiano) lo spareggio per l'assegnazione del titolo, programmato a Roma il 7 giugno 1964. Tre giorni prima morì improvvisamente il presidentissimo Renato Dall'Ara mentre si trovava nella sede della Lega con Angelo Moratti, proprietario dell'Inter, per definire i dettagli organizzativi in vista dello spareggio. Il Bologna giocò con il lutto nel cuore la partita perfetta, accorta tatticamente e assai cinica, vincendo 2-0 con reti di Fogli e Nielsen e mettendosi così in tasca dopo ventitré anni il settimo scudetto. Un giornale titolò: «Lui ha visto ed è stato felice!».

Gli anni Settanta

L'indomani non fu semplice né fortunato: il confronto con l'Anderlecht in Coppa dei Campioni si risolse a favore dei belgi nello spareggio di Barcellona tramite un sadico lancio della monetina, e in campionato una serie di risultati altalenanti alimentarono polemiche e dualismi nella squadra e allontanarono i tifosi delusi; esonerato Fulvio Bernardini, si ricominciò con un nuovo allenatore (breve parentesi di Scopigno, poi Carniglia) e i frutti arrivarono presto, con un secondo e un terzo posto. Persi poi nel tempo progressivamente gli eroi del '64, i ricambi non si dimostrarono sempre all'altezza: Bulgarelli restò a Bologna, ma vennero ceduti prima Nielsen e poi Haller, mentre Pascutti dovette smettere l'attività, come Negri, per gli acciacchi dell'età.

Si alternarono allenatori e presidenti per arrivare alla fine degli anni Sessanta con Edmondo Fabbri in panchina e una Coppa Italia vinta contro Torino (2-0) con doppietta di Savoldi, replicata nel 1974 superando in finale ai rigori il Palermo (sempre all'Olimpico di Roma). Nel 1975 finì la sua lunga, esaltante ed onorata carriera Giacomo Bulgarelli, la bandiera del Bologna, l'unico che per militanza rossoblù è assimilabile a Schiavio in tutta la storia del club. L'eredità sportiva passò ad Eraldo Pecci, un romagnolo cresciuto nel vivaio, che appena si impose come centrocampista di grande personalità fu ceduto frettolosamente dal presidente Conti al Torino. Nel contempo il nuovo idolo di Bologna, il cannoniere Giuseppe Savoldi, si trasferì al Napoli per la cifra da capogiro di 2 miliardi di lire.

I tifosi non perdonarono a Conti la politica della cessione dei pezzi migliori, nonostante l'unanime stima per l'estroso ed elegante allenatore Bruno Pesaola. Dopo una serie di stagioni tra il quinto e l'ottavo posto iniziarono i brividi, con salvezze in extremis di cui era artefice Cesarino Cervellati, chiamato spesso a risollevare le sorti del Bologna quando tutto sembrava ormai compromesso. Nel 1978/79 si preservò all'ultimo respiro la Serie A pareggiando 2-2 in modo rocambolesco in casa col Perugia nell'ultima uscita di un altro elemento simbolo, il terzino Tazio Roversi. Nel 1979/80, subentrato Tommaso Fabbretti a Conti, con allenatore Perani e il ritorno di 'Beppegol', il coinvolgimento dei rossoblù nel calcioscommesse macchiò un campionato onorevole. La punizione scontata l'anno successivo con la penalizzazione di 5 punti accrebbe i meriti di mister Luigi Radice, che condusse i rossoblù al settimo posto finale dopo tante vittorie importanti, al termine di una stagione da ricordare e che non lasciava presagire ciò che stava per succedere.

All'Inferno e ritorno per due volte

Per la prima volta nella storia, nella primavera del 1982, si rovesciò il mondo per i felsinei allo stadio Del Duca di Ascoli Piceno. Il Bologna, che come unica gioia di quella stagione si era regalato l’esordio fra i 'grandi' del gioiello Roberto Mancini, subì l'onta sportiva di una dolorosissima retrocessione in Serie B, che purtroppo non fu l'unica: fin lì non era mai successo al club rossoblù, ma l'anno dopo fu addirittura seguita da quella in C, nell'incredulità generale di una tifoseria che comunque negli anni Settanta era stata più volte sul punto di spiccare nuovamente il volo verso sogni assai rosei, riposti così in modo funesto in fondo al cassetto.

Era obiettivamente troppo, anche per l'anziano Angelo Schiavio, che dalle colonne del quotidiano cittadino scrisse un articolo di fuoco dove esprimeva tutto il suo sdegno verso coloro che avevano fatto sprofondare il glorioso BFC tanto in basso. All'immediata e dovuta risalita cadetteria (stagione 1983/84) fecero seguito alcuni campionati con tentativi di conquistare la massima serie senza esito, fino all'annata 1987/88 sotto la presidenza di Gino Corioni con un allenatore emergente, Gigi Maifredi, che vincendo lo scetticismo generale portò uno spumeggiante Bologna in Paradiso dalla porta principale: un meritato primo posto fatto di spettacolo e gol. E si tornava a respirare.

In A, dopo un inizio difficile, la squadra si salvò con tranquillità e l'anno seguente Maifredi conquistò addirittura la qualificazione in Coppa UEFA prima di lasciare le Due Torri per rispondere al richiamo della sirena Juventus. Ma nel 1990/91 ecco un altro passo indietro: la stagione iniziò male con Franco Scoglio in panchina e si trascinò fino alla fine con infortuni a ripetizione e pochezza tecnica. Come se non bastasse, dopo due campionati anonimi e l'illusione che un presidente bolognese (Piero Gnudi) potesse presto riportare il BFC nel calcio che conta, si ricadde di nuovo in Serie C, sino ad un funesto fallimento nel giugno del 1993.

La rinascita con Gazzoni

Dalla sentenza del tribunale rinacque il Bologna FC 1909, presieduto da Giuseppe Gazzoni Frascara, che iscrisse la squadra al campionato di Serie C1 1993/94 con Zaccheroni allenatore e Pecci direttore sportivo. Le ambizioni sportive si infransero ai playoff contro la Spal con tante recriminazioni, ma al secondo tentativo la coppia Oriali-Ulivieri centrò con ampio margine l'obiettivo della risalita in B. Solo dodici mesi dopo, nel giugno 1996, si festeggiò anche l'immediata promozione in A con l'indimenticabile gol a tempo scaduto di Giorgio Bresciani in Bologna-Chievo e il secondo campionato consecutivo vinto dai rossoblù. Il ritorno nella massima serie fu quasi trionfale: settimo posto in classifica e buon gioco, con la banda di Ulivieri che per lunghi tratti dava spettacolo, e fu bruciante e immeritata l'eliminazione in semifinale di Coppa Italia patita per mano del Vicenza.

L'anno seguente, il quarto consecutivo di 'Renzaccio', si chiuse all'ottavo posto con annesso diritto a partecipare alla Coppa Intertoto; ma fu anche l'anno bolognese di Roberto Baggio, ingaggiato a sorpresa con un'abile operazione di mercato da Oriali e Gazzoni. La marcia personale del 'Divin Codino' (che qui in realtà se lo tagliò) verso l'obiettivo della convocazione ai Mondiali di Francia '98 fu memorabile, mentre trascinava i rossoblù con un girone di ritorno sopra le righe insieme ai compagni di reparto Kennet Andersson e Igor Kolyvanov, da annoverare senza dubbio fra gli stranieri del Bologna più amati di ogni tempo. In estate Baggio passò all'Inter ma il BFC di Carlo Mazzone vinse comunque l'Intertoto battendo in finale i polacchi del Ruch Chorzow, e aggiornando così la bacheca con un titolo che mancava dalla Coppa Italia del '74. Iniziò quindi, cullata dalle perle di Giuseppe Signori entusiasmante goleador, una fantastica cavalcata in Coppa UEFA, raccogliendo ovunque consensi unanimi e fermandosi solo alle soglie della finale con una dolorosa e ingiusta eliminazione ad opera del Marsiglia, mediante un rigore inesistente concesso ai transalpini a pochi minuti dal 90'. Analoga toccò ai rossoblù in Coppa Italia, eliminati sempre in semifinale (dalla Fiorentina) con identiche recriminazioni. Ma quella era una squadra bellissima, autrice di quello che sotto le Due Torri è stato probabilmente il miglior calcio degli ultimi decenni, con un novero di giocatori di alta levatura tecnica (oltre ai già citati, la bandiera Nervo e i pilastri IngessonMarocchi, Paramatti e Antonioli, che cedette poi il testimone ad un autentico campione quale Gianluca Pagliuca): Gazzoni era riuscito, dopo lungo tempo, a rinverdire davvero i fasti del club, e del BFC si ricominciò a parlare con rispetto e ammirazione.

Gli anni seguenti, con Francesco Guidolin designato a guidare la squadra, raccontarono di una classifica sempre a metà strada tra il profumo d'Europa e le zone meno nobili. Fra luci e ombre, nell'estate 2001 Guidolin, spronato dal vento della contestazione che indusse Gazzoni ad abbandonare la presidenza cedendo la poltrona a Renato Cipollini, forgiò finalmente un Bologna a sua immagine e somiglianza: squadra tosta, tatticamente organizzatissima, che aveva nel DNA lo spirito del gruppo che non si arrende di fronte alle vicissitudini. Innesti azzeccati e una buona qualità dell'organico tennero in corsa Cruz, Zauli e compagni fino all'ultimo addirittura per un posto in Champions League, prima della beffa conclusiva di una domenica a Brescia, quando per una serie concatenata di risultati avversi svanirono sia la Champions che la UEFA. Ai rossoblù rimase solo la possibilità di partecipare di nuovo all'Intertoto, ma la doppia finale raggiunta con merito sorrise al Fulham. Furono i primi segnali di un nuovo declino, culminato purtroppo, dopo un paio di salvezze poco brillanti, con una bruciante retrocessione fra i cadetti attraverso un drammatico spareggio tutto emiliano col Parma nel giugno del 2005.

Risalita e nuova caduta

Alfredo Cazzola, noto imprenditore del territorio a spiccata vocazione sportiva, rilevò il club dalla proprietà Gazzoni ma impiegò tre campionati cadetti per riportare i rossoblù nell'élite del calcio: la A fu raggiunta nuovamente nel 2008, appena in tempo per festeggiare il centenario del club nella cornice che meritava, al termine di una bella cavalcata col romagnolo Daniele Arrigoni in panchina e i gol a ripetizione del bomber Massimo Marazzina. Quest'ultimo nella massima serie cedette il testimone di faro dell'attacco del Bologna a Marco Di Vaio, che ben presto divenne l'uomo simbolo di quegli anni e il trascinatore determinante di una serie di salvezze sofferte sotto le traballanti gestioni delle proprietà Menarini e Porcedda.

In particolare l'avventura del sardo alla guida del club ebbe vita breve e accidentata: dopo una penalizzazione inflitta al BFC per il mancato pagamento di stipendi e contributi fiscali, in soccorso dell'agonizzante società intervenne a dicembre 2010 il Comitato Bologna 2010, pool di imprenditori cittadini che alternarono alla propria testa i vari Zanetti, Pavignani e Guaraldi. Furono stagioni dal respiro corto e dalle ambizioni contenute, ad eccezione del campionato 2011/12, terminato al nono posto grazie soprattutto alla conduzione tecnica di un allenatore giovane e preparato, il parmigiano Stefano Pioli, e alle reti dell'eterno Di Vaio (innescato dall'estro del duo Diamanti-Ramirez), che dopo una lunga militanza in club di vertice sia italiani che stranieri scelse di vivere sotto le Due Torri una seconda giovinezza coi fiocchi, prendendosi con pieno merito l'esclusiva nei cuori dei tifosi rossoblù in anni altrimenti assai poco soddisfacenti.

Ed ecco che senza più 'Super Marco' in attacco dopo 4 anni, la travagliata stagione 2013/14, partita male fino all'avvicendamento in gennaio di Pioli con Ballardini, proseguì molto peggio nel girone di ritorno, per concludersi con la quarta retrocessione in B della storia felsinea. E pensare che fino al 1982 il Bologna divideva il primato, insieme a Inter e Juventus, dei mai retrocessi...

Il Bologna di Saputo

Il campionato 2014/15 iniziò nel segno di Diego Lopez, l'allenatore uruguaiano che la società scelse al timone della squadra per cercare una pronta risalita. E durante il girone d'andata, in ottobre, si concretizzò anche un ulteriore e non semplice passaggio di mano ai vertici del club. Il nuovo corso, di respiro internazionale, vide l'arrivo di un gruppo di investitori nordamericani rappresentati dall'imprenditore italo-canadese Joey Saputo (destinato ad assumere presto il completo controllo della società) e dall'avvocato newyorkese Joe Tacopina, con la nomina a nuovo amministratore delegato di Claudio Fenucci e l'area tecnica affidata a Pantaleo Corvino. Nel ruolo di club manager un gradito e importante ritorno, quello di Marco Di Vaio, reduce da un finale di carriera in MLS propria con la maglia dei Montreal Impact di Saputo. Il mondo rossoblù voltò così pagina in grande stile, i tifosi rispolverarono le giuste ambizioni di gloria e immediatamente andò a segno lo snodo fondamentale per la ricostruzione: un finale di stagione in calando impose l'esonero di Lopez e l'ingaggio di Delio Rossi, che dopo 4 avvincenti gare di playoff (contro Avellino e Pescara) centrò l'obiettivo del ritorno in Serie A il 9 giugno 2015. Quelle successive, fino all'attualità, sono vicende da presente storico e non più da passato remoto.

A causa di un difficile avvio del successivo campionato, Rossi viene sostituito da Roberto Donadoni per ottenere la garanzia della permanenza nella massima serie, un altro step fissato e ineludibile nel processo di sviluppo del nuovo club. Nelle 3 stagioni seguenti, infatti, la certezza matematica della salvezza arriva sempre con largo anticipo (sul campo si segnalano in particolare Blerim Dzemaili, Rodrigo Palacio e Simone Verdi), e intanto si registra anche un avvicendamento alla guida dell'area tecnica: ecco Riccardo Bigon, reduce dalle esperienze di Napoli e Verona. Nel contempo proseguono le opere infrastrutturali (ammodernamento e allargamento del centro tecnico di Casteldebole e sistemazione dello stadio Dall'Ara) per rendere il Bologna sempre più all'avanguardia.

Nell'estate 2018 la panchina viene a Filippo Inzaghi, proveniente da due ottime stagioni nelle serie inferiori come tecnico del Venezia, ma il rendimento della squadra è disastroso e per evitare il peggio viene assunto Sinisa Mihajlovic, già allenatore rossoblù tra il 2008 e il 2009: il serbo compie una vera e proprio impresa perché non solo salva i rossoblù ma li conduce fino al decimo posto, praticando un calcio esaltante. Le parti decidono allora di proseguire insieme, anche dopo la terribile scoperta (a metà luglio 2019) che Sinisa è malato di leucemia. Da quel momento inizia un periodo molto complicato per il mister, che comunque non demorde e grazie al supporto del suo staff segue la squadra (che strada facendo accoglie diversi giocatori di valore, dai più esperti Arnautovic, De SilvestriMedel e Soriano ai giovani talenti come Barrow, Orsolini, Schouten e Tomiyasu) anche dalla sua stanza d'ospedale. I piazzamenti però non sono esaltanti (due dodicesimi e un tredicesimo posto), il campionato 2022/23 comincia in modo traballante e così già a settembre Mihajlovic viene esonerato. Il 16 dicembre 2022, per una recidiva della malattia, morirà a soli 53 anni, un colpo durissimo per una città di cui Sinisa era anche diventato cittadino onorario.

Il suo sostituto Thiago Motta, giovane ma già temprato da una complicata salvezza con lo Spezia, parte male ma poi comincia a portare a casa risultati importanti, conquistando il record di 54 punti e il nono posto in Serie A. Il mercato porta nuovi interpreti, su tutti Sam Beukema, Remo Freuler e Alexis Saelemaekers, e i felsinei disputano un campionato eccellente con una media punti superiore rispetto all'anno precedente, grazie anche all'esplosione di talenti come Riccardo Calafiori, Lewis Ferguson e Joshua Zirkzee. Il 12 maggio 2024, grazie alla sconfitta della Roma in casa dell'Atalanta, il Bologna conquista matematicamente l'accesso alla Champions League a distanza di sessant'anni dall'unica apparizione nell'allora Coppa dei Campioni. In estate Motta decide però di voltare le spalle al presidente Saputo e a tutta la piazza, accettando la corte della Juventus, e così la scelta della dirigenza ricade su Vincenzo Italiano, reduce da un triennio alla guida della Fiorentina.

Fonte: bolognafc.it